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Enoturismo: quando la burocrazia ti rema contro

L’attività enoturistica nasconde diverse insidie quando si tratta di permessi e requisiti. Ancora oggi la burocrazia è un tema scottante: quali sono le difficoltà degli imprenditori?

Da sempre, il focus della nostra comunicazione sull’enoturismo mira a sottolineare il potenziale di questa attività.Il turismo del vino non è infatti solo un metodo per vendere bottiglie di vino, è anche un potentissimo strumento di marketing a servizio del brand aziendale che ogni cantina dovrebbe prendere in considerazione.

Ma non ci si può nascondere dietro un dito. Prima di arrivare a raccogliere tutti i frutti di questa attività bisogna superare alcuni ostacoli, alcuni dei quali non alla portata di tutti. E se vogliamo renderci portavoce dell’enoturismo in Italia, non possiamo fare a meno di trattare uno dei temi più difficili del settore: la burocrazia.

Qualche giorno fa abbiamo ricevuto la testimonianza di un nostro lettore piuttosto esplicativa al riguardo. Abbiamo deciso di condividerla nella speranza di creare uno spazio di condivisione dove è possibile dire la propria e tentare, se non di trovare una soluzione immediata, di creare perlomeno più consapevolezza sul tema.

Da 5 anni ho deciso di intraprendere con la mia compagna e mio papà l’avventura di aprire un’azienda vitivinicola di circa 4 ettari vitati. Nel 2021, presi dall’entusiasmo, abbiamo iniziato un percorso enoturistico e con qualche acciacco siamo riusciti a partire fino ad ottenere qualche risultato.

Lavorare in regola e nel rispetto delle norme vigenti è stato davvero difficile inizialmente. Abbiamo dovuto sostenere importanti spese:

  • La realizzazione di bagni idonei all’utilizzo pubblico
  • L’acquisto di frigoriferi e i piani di lavoro in acciaio per il semplice maneggio di salame e formaggio
  • Corsi e manuale haccp relativi all’attività enoturistica 
  • Designare catastalmente, e quindi tramite asl, i luoghi previsti per l’ospitalità del pubblico, con planimetrie allegate dal geometra
  • Apertura di scia in comune, che non è risultata sufficiente, perché per avviare l’enoturismo è obbligatorio partecipare al corso organizzato dalla regione per avere “l’abilitazione” a tale attività

Dopo tutto ciò, nonostante fossimo convinti di essere in regola, ci hanno richiesto la certificazione degli impianti elettrici (sulla sicurezza non si scherza) e un piano di derattizzazione con trappole.

Siamo una realtà che produce circa 5000 bottiglie, e l’investimento è stato abbastanza oneroso.

Considerando le decine di controlli che stanno effettuando nelle nostre zone siamo contenti di essere a posto sia come coscienza che come burocrazia. Nostri colleghi poco distanti sono stati “bastonati” dall’assenza dei requisiti sopra elencati.”

È da tempo che si sente parlare di azioni volte a snellire la burocrazia e i costi intorno all’enoturismo, ma stiamo realmente andando nella direzione giusta? Crediamo che semplificare l’apertura di un’attività di questo calibro sia giusto e doveroso: l’enoturismo non fa da cassa di risonanza solo all’azienda vitivinicola, ma promuove l’intero territorio rendendolo una meta attrattiva, e questo a beneficio di tutto il sistema.

Se gli altri importanti paesi produttori lo hanno già compreso da tempo, l’Italia arranca ancora oggi per molteplici motivi. Ma la burocrazia non può più essere tra questi.

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