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Fiere vino: l’importanza di dare giudizi oggettivi

La riflessione continua e si focalizza su altri atteggiamenti che riducono l’efficacia della presenza nelle fiere. Editoriale di Lavinia Furlani

Ritorno, a mente fredda, su alcune tematiche emerse durante l’ultima edizione di Vinitaly che ritengo possano essere utili a molte aziende che ci seguono; soprattutto ora che, superata la convulsione dell’evento, stiamo facendo i conti con il suo follow up, e quindi con una prima concreta valutazione dei risultati conseguiti.
Come già detto, il fine non è quello di penalizzare nessuno, ma quello di fornire qualche stimolo alla riflessione.

Quasi sempre, visitando gli stand delle aziende presenti in fiera, ci siamo sentiti dire: “in fiera bisogna esserci comunque”; per poi, a volte, raccogliere una serie di perplessità sull’utilità della propria presenza in fiera: sensazione di aver perso tempo e risorse, pochi contatti effettivamente utili, sindrome del desk invisibile ed altro.

Abbiamo parlato spesso di come a nostro avviso la partecipazione in fiera possa essere gestita, e ancora prima preparata; ma indipendentemente dei nostri suggerimenti, una cosa è certa: se si fa una scelta, è necessario crederci. Nessuno ci obbliga a partecipare alle fiere, ma se la nostra analisi costi-benefici ci induce a scegliere di essere presenti, allora l’atteggiamento deve essere quello di chi sfrutta al massimo quella circostanza.

Si dà allora più peso agli aspetti positivi che a quelli negativi. Si cerca di sfruttare al meglio la possibilità che si hanno: l’organizzazione e la cura dell’immagine del desk, i pro e contro di fare parte di una collettiva, la scelta di farsi accompagnare dagli intermediari giusti, le persone scelte per il front-office, e tanti altri aspetti che dipendono da noi e non dal fato; è chiaro poi che gioca anche la componente casuale, ma sta a noi saper cogliere segnali anche da aspetti negativi, almeno per non ripetere gli stessi errori negli anni seguenti.

Abbiamo a volte la tendenza a farci influenzare dalle apparenze e trarre conclusioni affrettate. Mi ha sollevato qualche dubbio riscontrare, a sole 3 settimane di distanza da ProWein, un cambio di mood abbastanza netto: a Düsseldorf ho sentito molto spesso parlare di costi alti, di pochi buyer e molto esigenti, di rincari troppo incisivi, insomma ho riscontrato un clima preoccupato. È bastato vedere i padiglioni di Vinitaly pieni di gente e di energia per percepire da più parti un’atmosfera positiva, di speranza, dove tutto va alla grande. Questo a mio avviso è lo specchio di un atteggiamento frequente nel mondo del vino, dove si cambia idea molto, forse troppo facilmente.
Forse siamo un po’ troppo influenzabili, sia positivamente che negativamente: e se pessimismo ed euforia trovassero la strada della moderazione e prevalesse un atteggiamento cauto, informato e propositivo?

La strada della gestione efficace della presenza in fiera passa, a mio avviso, per la capacità di raccogliere e gestire informazioni e, sulla base di essere, organizzare la nostra presenza in fiera. Le informazioni sono ovunque, negli archivi storici, nei racconti dei colleghi, nel web. Ma affinché i dati diventino informazioni, bisogna dare loro un significato e uno scopo, si deve metterli in relazione tra loro, comprenderli, confrontarli, saperli analizzare e trarne informazioni di sintesi.

E a guidare questo processo ci deve essere alla base il filtro dei nostri obiettivi strategici. Se non abbiamo una visione strategica sarà ben difficile isolare i dati importanti da quelli trascurabili, sarà impossibile confrontare i costi della partecipazione alla fiera con i vantaggi che ci attendiamo; sarà un miracolo sfruttare tutte le opportunità che una fiera ci offre.

La chiarezza della nostra vision ci permette di ridurre la complessità dell’universo che dobbiamo analizzare; ci permette di selezionare le informazioni rilevanti e trasformarle in azioni congruenti rispetto ai nostri obiettivi strategici.

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